A LONDRA HANNO TOCCATO IL FONDO - SI CHIAMANO “MUDLARK”, SONO CENTINAIA DI APPASSIONATI CHE SCAVANO E FRUGANO NELLE VISCERE DEL TAMIGI, AIUTATI DA METAL DETECTOR E ALTRI STRUMENTI TECNOLOGICI. ESTRAGGONO OGNI SORTA DI REPERTO. E RISCOPRONO LA STORIA DI LONDRA
Testo di Enrico Franceschini per “la Repubblica”
Fotografie di Neil Hall/Reuters
Father Thames, lo chiamano gli inglesi: e non ci vuole molto a capire perché. Il fiume che attraversa Londra è il padre dell’Inghilterra. I popoli dell’antichità costruivano accampamenti lungo i corsi d’acqua per sfruttarli come un naturale mezzo di trasporto e su un’ansa del Tamigi, nel 43 dopo Cristo, i Romani fondarono Londinium: dentro le sue mura crebbe una città di 60mila abitanti, resistendo quattrocento anni a guerre e invasioni. Bruciata e rasa al suolo nel Quinto secolo, risorse nel Sesto, nel 1066 re Guglielmo la scelse per l’incoronazione e quindi diede il via ai lavori della Torre di Londra, suo primo castello, anche quello affacciato al fiume.
Poi vennero la peste nera, che ridusse di un terzo la popolazione, il mercantilismo, che la ripopolò trasformandola nel più importante porto del Nord, il grande incendio di Londra che richiese dieci anni per ricostruirla e il British Empire, che tra il 1831 e il 1925 ne fece la più grande città del mondo.
Sul fiume sbarcavano immigrati da ogni continente, lungo le sue rive caddero le bombe naziste durante il blitz nella seconda guerra mondiale, sulla South Bank, la sponda meridionale, la stessa che ora ospita la grande ruota panoramica, si svolse nel 1951 il Festival of Britain, tra i suoi flutti nel 2012 è sfilata la regina Elisabetta guidando una parata navale di 900 imbarcazioni per celebrare 60 anni di regno.
Sul Tamigi naviga la storia della Gran Bretagna. È inevitabile che, chi questa storia vuole raccontare, setacci le sue oscure acque alla ricerca di prove, reperti, testimonianze. Cercare oggetti nel “padre Thames”, dal Diciottesimo al Diciannovesimo secolo, è diventato un mestiere vero e proprio, non una passione da storici professionisti o dilettanti: nasceva la figura del “mudlark”, colui che fruga nel fango in cerca di oggetti da utilizzare o vendere. Erano per lo più ragazzi, ma non mancava qualche ragazza, giovanissimi, fra gli otto e i sedici anni, oppure robusti anziani, in sostanza persone che non potevano trovare un’occupazione stabile d’altro tipo.
La bassa marea faceva affiorare di tutto: cadaveri umani e di animali, il contenuto delle fogne, rifiuti, ma talvolta anche cose di valore da rivendere o usare. Miserie e splendori dell’Inghilterra vittoriana rotolavano verso la foce, offrendo un sia pur magro sostentamento a chi rovistava fra le acque del fiume. Nel 1936, di autentici “mudlark” non ne esistevano più: sopravvivevano soltanto i mocciosi che si tuffavano nel Tamigi per ripescare una moneta tirata dai passanti.
Il termine, tuttavia, non è del tutto tramontato: oggi indica un’armata di appassionati che scavano e frugano nelle viscere del Tamigi, aiutati da metal detector e altri strumenti tecnologici. Estraggono antiche monete, frammenti di ceramiche, chiodi, pipe in legno, soldatini di piombo, pettini e spazzolini da denti dell’epoca della regina Vittoria, monili, ossa. Per alcuni è soltanto un hobby.
Per altri fa parte di studi accademici. Per tutti è un modo di riconoscere l’importanza del fiume che taglia in due la capitale: davvero sotto i suoi ponti è passata la storia. Fin dal giorno di quasi duemila anni or sono in cui le legioni dell’impero Romano piantarono le tende su una sua curva e battezzarono il piccolo insediamento con il nome di Londinium.