Moderni "ghostbusters" a caccia di residuati bellici

Lucca, 18 ottobre 2014 - E’ una moda che ha preso piede soprattutto in questi ultimi anni, aiutata da una tecnologia molto più a buon mercato. E’ la moda di chi va a caccia di residuati bellici. E dalla loro parte c’è la quasi assoluta garanzia che lassù, non esiste anima viva che possa disturbarli. Almeno due persone ultimamente sono state «pizzicate» in flagranza, ma visti gli scavi comparsi nei mesi il sospetto è che il fenomeno non sia poi così raro. C’è chi infatti si arrampica fino in vetta alla collina, «armato» di metaldetector e pale per dissotterrare il terreno, a caccia di elmetti, proiettili, radiotrasmittenti o roba simile. Rischiando però di imbattersi in oggetti ben più pericolosi e in denunce belle e buone. Sulle colline di Lucca - a cavallo tra la Piana e la Valle del Serchio - , si staglia quello che rimane del bellissimo castellaccio di Aquilea e dell’antica chiesa parrocchiale, oggi purtroppo in mano all’abbandono. Chiesa che negli anni ha subito così l’ennesima trasformazione. Oggetto di fortificazione nell’anno Mille, poi di culto nei secoli a seguire, fino a diventare nella seconda guerra mondiale un «fortino» tedesco, bombardato dagli americani.


Quindi, da qui vien da sé che sulla collina intorno alla chiesa, secondo Stefano Battistini del comitato di Aquilea, siano piovuti dal cielo circa diecimila oggetti, alcuni dei quali rischiano di essere pericolosi, come armi e piccole granate gettate a suo tempo contro i nazisti per conquistare quel piccolo quanto importantissimo avamposto militare. Una zona che il comitato di Aquilea sta cercando di strappare all’oblio tentando di ridargli una nuova vita: ma, proprio per il fatto di essere stata testimone per anni del secondo conflitto mondiale, la rende piatto prelibato per gli appetiti di quanti non sanno resistere al fascino del tempo che fu. E oltre al fatto che scavare il terreno provoca problemi al paesaggio circostante che oggi si presenta infatti con buche e avvallamenti sparsi, c’è anche da considerare il fatto che tali «lavori di ricerca» sono pericolosi. «Negli anni Cinquanta - racconta Battistini - fu fatta una prima bonifica dell’area circostante. Consideriamo che qui sono piovuti circa diecimila pezzi durante la guerra. Gli scavi arrivarono a circa 20, massimo 30 centimetri. Poi negli anni Settanta ci fu una seconda operazione di bonifica del territorio che agì più in profondità. Ma il materiale finito qui è stato tantissimo. Basti pensare che tutte le volte in cui devono essere effettuati dei lavori, si scava per evitare di trovarsi di fronte proprio a residuati bellici che possano risultare pericolosi». Perché alla fine non è tanto un elmetto a stelle e strisce o dell’esercito tedesco a creare problemi. Quanto il fatto di imbattersi in qualcosa di molto più pericoloso. «Quando due estati fa prese fuoco la zona, fu ritrovata vicino a un albero una piccola granata - aggiunge Battistini - . La zona si spera sia bonificata: non credo ci siano pezzi grossi qui sotto, ma certo il rischio è di imbattersi in piccoli oggetti di artiglieria». Lo stesso Battistini ha «pizzicato» due persone a cercare residuati bellici. In quel caso, se ne andarono in fretta e furia. Ma ormai dal 2013, da quando la zona cioè è tutelata dalle Belle Arti, chi fosse trovato a emulare tali comportamenti, rischia anche pesanti conseguenze, sicuramente una denuncia. FONTE: http://www.lanazione.it/lucca

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Tesoro vichingo trovato in Scozia

Si tratta di una delle maggiori scoperte del genere in Scozia. Un vero e proprio 'tesoro vichingo' trovato nel Dumfriesshire, nel sud ovest della Scozia, grazie alla passione - e forse anche ad un pizzico di fortuna- di un uomo di affari in pensione, Derek McLennan, che 'armato' solo di un metal detector ha ritrovato oltre 100 oggetti di origine vichinga. C'è una croce cristiana di solido argento con decorazioni smaltate che è datata tra il nono e il decimo secolo, quello che sembra essere il più grande vaso d'argento carolingio mai ritrovato con ancora il coperchio intatto e una serie di bracciali e spille.


"È una scoperta molto significativa. C'è materiale proveniente dall'Irlanda, dalla Scandinavia, e da altri luoghi dell'Europa centrale e risalenti probabilmente a due diversi secoli", ha spiegato il responsabile del museo nazionale di Scozia, Stuart Campbell. McLennan non è però nuovo a scoperte del genere, già lo scorso anno scoperto la più grande collezione di monete d'argento medievali di Scozia.

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Camminando col metal detector....

C’è chi va a spasso con i bastoni dal nordic walking, chi con il proprio cane e chi, invece, con un cercametalli. Succede ad Odalengo Piccolo dove, Adriano Triveri, da circa un anno, ha scelto di dotarsi, per le proprie camminate, di un metal detector, ovvero dello strumento che utilizza l’induzione elettromagnetica per rilevare la presenza di metalli. Una stravaganza? Può essere. Sta di fatto che, le sue camminate, hanno fruttato moneta. A parte qualche lattina e tappo di bottiglia, è stato sorprendente ed inaspettato, lo straordinario ritrovamento di monete antiche, alcune delle quali risalenti ai primi secoli della Chiesa. Si tratta, ad oggi, di ben 39 monete, la cui datazione si attesta tra il 180-192 d.C. ed il 1958-1998. Le monete, come i tartufi, sono state dissotterrate a circa 10 centimetri di profondità.
Già Giuseppe Niccolini, nella sua pubblicazione “A zonzo per il circondario di Casale” scrisse: “… nella valle di Marco, la quale il cavaliere Gonella opina fosse popolatissima negli andati tempi … il cavaliere dissotterra, studia e conserva idoletti, monete e anella…”. Insomma la cronaca di un ritrovamento annunciato, ma bisognoso di essere interpretato. Il lavoro di pulitura, classificazione e catalogazione è così stato affidato all’odalenghese di origine Bruno Brera, scopertosi, a sua insaputa, appassionato di numismatica. Un interesse che ha evidentemente maturato dopo aver apprezzato il prezioso ritrovamento. “A mio avviso” ha dichiarato Brera “si tratta di una raccolta interessante per la varietà di monete che la compongono anche se” ha precisato “sono evidentemente caratterizzate da un pessimo stato di conservazione”. E’ tuttavia significativa la presenza di numerose e differenti monete concentrate, in particolar mondo, nella valle di Odalengo Piccolo, la cosiddetta “strada ducale” già documentata nella Galleria delle Carte Geografiche dei Musei Vaticani dipinte nel 1580-83.


Un percorso dunque particolarmente battuto già dai tempi dell’Impero Romano. Le monete più antiche, alcune poco leggibili, risalgono agli imperatori romani Commodo 180-192 d.C., Alessandro Severo 222-235, Triboniano 251-253, Claudio 268-269 e Aureliano 274. “In una moneta” ha precisato Brera “si intuisce il profilo con il quale veniva effigiato Costantino 324-325. Dopo il periodo imperiale romano dal quale provengono queste poche, ma significative monete” ha aggiunto il numismatico “abbiamo un vuoto di circa 800/900 anni, per arrivare ad una moneta di Federico II di Svevia (1220-1250) e poi proseguire dal periodo Paleologo dei Marchesi del Monferrato e giungere al Regno d’Italia ed alla Repubblica, passando per i Savoia ed il Regno di Sardegna”. I ritrovamenti si chiudono infatti con il classico 500 lire d'argento. Nella raccolta, che Triveri ha inteso donare al Comune di Odalengo Piccolo, sono altresì presenti due monete australiane ed una olandese. La raccolta così classificata e catalogata andrà ad allestire l’esposizione dedicata in occasione della prossima fiera regionale del Tartufo e delle Mele Antiche che si terrà in paese sabato 11 e domenica 12 ottobre. Alcuni esempi dalla classificazione: moneta 05) Valore Antoniniano, anno 274, mistura ø 22 mm. Imperatore Aureliano (davanti: profilo dell’Imperatore; retro: la divinità solare è rappresentata con due prigionieri ai piedi, segno della vittoria riportata nell’anno 272 da Aureliano su Palmira, Regno ai confini orientali dell’Impero. La devozione dell’Imperatore a questa divinità lo portò anche a dedicare A Sol un tempio a Roma). Moneta 7) Valore Nove Assi, anno 1220-1250, argento mm 13,5 Sacro Romano Impero, Federico II di Svevia. Moneta 9) valore mezza Parpaiola, anno 1494-1518, Marchesato del Monferrato, Guglielmo I Paleologo (davanti: Sant’Evasio benedicente; retro: croce fogliata con scritta In Hoc Signo VInces, ovvero “con questo segno vincerai”). Moneta 12) valore Tre Grossi, anno 1621-1622-1625, mistura. Ducato del Monferrato Gonzaga, Ferdinando (davanti: il monte Olimpo sormontato da corona con scritta “Ferdinando G DUX MANTI VI; retro: stemma coronato con scritta Et Montis Ferrati IV).
Chiara Cane - http://www.ilmonferrato.it

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Metal detector e speranza: al via la ricerca dei preziosi perduti sulle spiagge termolesi



TERMOLI. Finita la stagione dei bagni inizia quella dei cercatori d’oro. Spieghiamoci meglio, non parliamo di quelli classici come ci fanno vedere i vecchi film western con uomini armati di setaccio in riva ai fiumi a controllare i bassifondi del greto dei fiumi a caccia di pepite del prezioso metallo giallo; no, qui da noi sono persone normali che tentano di sbarcare il lunario attrezzandosi di tutto punto con tanto di metal detector e vanno a sondare l’arenile palmo a palmo in cerca di qualsiasi oggetto dalla parvenza preziosa che le migliaia e migliaia di bagnanti possono aver smarrito durante le giornate passate a prendere la tintarella.


Un passatempo che può risultare redditizio perché, tra soldi e oggetti preziosi, durante il periodo estivo le persone distratte ne perdono a iosa; ecco perché sono aumentate le persone che si sono inventate questa nuova attività. Del resto i nostri vecchi, in tempi duri di carestia o di guerra, dicevano: “Francia o Spagna basta che se magna”.
FONTE E FOTO: http://www.termolionline.it

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Inghilterra, col metal detector scopre 22 mila monete romane

Gli era bastato un metal detector per scovare una delle più grandi riserve di monete romane mai trovate in Gran Bretagna a Seaton Down nella contea del Devon. Eppur non poteva credere ai suoi occhi il 51enne Laurence Egerton quando s'imbatté in 22 mila monete risalenti a circa 1.700 anni fa. E subito l'uomo si rese conto di essere davanti a una scoperta eccezionale. SVELATO IL TESORO. Come ha spiegato il British Museum, infatti, si trattava del quinto più grande ritrovamento di monete romane nel Regno Unito. La scoperta risale a novembre 2013, ma ora il museo ha deciso di svelare il tesoro e dal 25 settembre ha esposto le monete. E i quotidiani britannici hanno spiegato come sia venuto alla luce il ritrovamento, che, a detta di alcuni esperti, potrebbe valere non meno di 100 mila sterline (circa 130 mila euro).


SCOPERTA COL METAL DETECTOR. Dopo quasi un anno dalla scoperta, Egerton ha svelato che nel 2013 stava usando il suo metal detector nei pressi del sito Honeyditches dove in passato era già venuta alla luce una villa romana quando s'è accorto della presenza di qualcosa di metallico nel terreno. Quindi, con una pala, ha scavato più a fondo, finché non ha ritrovato le monete. «È stato un momento emozionante», ha riferito all'Independent, «avevo già trovato una o due monete romane, ma mai così tante insieme». MONETE IN OTTIMO STATO. Quindi il 51enne ha avvertito gli esperti, ma per assicurarsi che tutto si svolgesse in modo regolare, Egerton - cui spetta parte dei ricavi della scoperta - dormì «per tre fredde notti» nei pressi del campo finché gli archeologi non completarono lo scavo: l'uomo ha raccontato di aver dormito addirittura con tre felpe e una coperta all'aperto, perché a causa della sua altezza era scomodo all'interno della sua macchina. «Le monete erano in ottimo stato», ha dichiarato Bill Horner, della squadra di esperti che ha coordinato i lavori. CATALOGAZIONE FINITA. Da novembre 2013 a oggi, il British Museum ha pulito, identificato e catalogato il tesoro: secondo quanto riferito, le monete vanno dal 260 al 350 dopo Cristo e hanno diversi ritratti, che per Horner sono attribuibili «all'albero genealogico della Casa di Costantino». Stando a quanto ha spiegato il British Museum, la più grande scoperta in Gran Bretagna di monete risale al 1978, quando vennero ritrovate 55 mila monete.

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