Un tesoro nascosto sotto il Quirinale: statua a 27 metri di profondità
ROMA 14/02/2012 - «E’ bellissima, forse del II, o inizio del III secolo; probabilmente appartiene a un corteo dionisiaco: non pare una menade, sembra un fauno; bisognerà studiarla», dice l’archeologo Louis Godart. Al Quirinale, è consigliere del Presidente Giorgio Napolitano per la tutela del patrimonio artistico; ha ancora addosso una tuta da scavo; vicino alla Manica Lunga realizzata da Ferdinando Fuga nel Settecento, nei giardini, è appena risalito da un tombino: lì sotto è stata recuperata una statua acefala e senza gambe, alta quasi 60 centimetri. «Quando Gian Lorenzo Bernini amplia il palazzo nel 1659, la utilizza come trave per le fondazioni; l’hanno scoperta i corazzieri, perlustrando un cunicolo dismesso che passa nei giardini, con tubi in piombo ormai non più usati, posti forse nel 1892: su un mattone, lì sotto, è impressa questa data». La prova tangibile di una città che si autodivora e autocostruisce, che eternamente perpetua se stessa. E della remotissima sacralità di questo colle, dove erano i templi del dio Quirino e, ai piedi, il più grande di tutti, quello di Serapide, e non solo. «Certamente, la statua deriva da un’area sacra», continua Godart, ammirandola ancora sporca di terra.
Il cunicolo in cui era è bassissimo; si cammina carponi, e poi perfino si striscia. E’ longitudinale al Palazzo. Da un lato, va verso i giardini; dall’altro, giunge alla muratura perimetrale, su via del Quirinale. La statua era a 27 metri dal tombino: «Quasi al limite esterno dell’edificio», dice l’ingegner Giuseppe Carluccio, a capo di una ditta che lavora per la soprintendenza e che ha partecipato al recupero con due tecnici e due corazzieri, scelti dei meno alti perché il pertugio è proprio angusto. «Ora chiamerò la nuova soprintendente Mariarosaria Barbera; oltre a tutto si è laureata con me a Napoli: tesi sul geroglifico cretese», dice Godart. E comincia a studiare il corpo della statua, annerito al centro forse per un antico incendio. «Qui, a destra, sembra che ci siano i panneggi di un mantello, che forse proseguiva sulle spalle. Il corpo è nudo, piegato sulla sua destra, quasi stesse dimenandosi. Però, una gamba ha un polpaccio muscoloso, e sembra finire con l’attacco di uno zoccolo, e in questo caso sarebbe un fauno; il seno non sembra esserci. E chissà che cosa resta ancora lì sotto: ho visto altri blocchi di travertino, e un vasto locale che parte proprio dal cunicolo. Onore ai corazzieri, alla loro attenzione al palazzo, fin nei suoi recessi più remoti».
Dopo il primo Quirinale di Gregorio XIII Boncompagni, e la torretta di Ottaviano Nonni detto il Mascherino («palazzo vestito di pietra»), vengono Sisto V Peretti (e ci lavora Domenico Fontana), Clemente VIII Aldobrandini (e vi opera Giovanni Fontana), e Paolo V Borghese (con gli ampliamenti di Flaminio Ponzio e Cesare Maderno). Urbano VIII Barberini chiama Bernini: costruisce la Loggia delle benedizioni sul portale del Maderno, e il torrione difensivo semicircolare, sempre sulla facciata che dà sulla piazza. E Alessandro VII Chigi gli confida pure la ricostruzione della Manica Lunga, nel 1659, poi completata da Fuga. E qui, scatta il mistero. «Serviva travertino; nei giardini dell’antica Vigna d’Este c’era questo tronco senza testa, oppure bruciato; comunque inservibile: non si poteva esporlo. Ma di provenienza assai nobile: grandi la cura dei dettagli, la bellezza del corpo. Averlo ritrovato dopo tre secoli e mezzo, suscita non poca emozione», continua Godart.
In quegli anni, Bernini lavorava pure dall’altro lato della via: edifica la chiesa ovale di Sant’Andrea al Quirinale, noviziato dei Gesuiti che lo compensano fornendogli fino alla morte il pane quotidiano, come egli chiedeva. Via del Quirinale, in questo tratto, annoverava ben quattro edifici sacri. Anche San Carlino alle Quattro Fontane, costruita da Francesco Borromini dal 1634 al ’44, in competizione con il rivale: è grande quanto un pilastro della Confessione a San Pietro. E, negli attuali giardini, altre due: Santa Maria Maddalena del 1581, e Santa Chiara del 1574, affrescata da Pomarancio; vanno distrutte in una notte, perché il Kaiser Guglielmo II, in visita nel 1889, possa spaziare nel verde dalle sue finestre nel palazzo. Ma è un’altra storia.
«Il palazzo del Quirinale», racconta Godart, «è un immenso palinsesto in cui i tempi si sovrappongono. Proprio accanto al pertugio in cui ci siamo calati, sull’arco di una porta c’è ancora l’ape dei Barberini, di Urbano VIII. E a pochi metri di distanza, in quella parte dei giardini che viene chiamata Boschetto, si è trovato un soffitto a volta, che è affrescato: nasce prima che sorga il Quirinale; risale al tempo del cardinale Ippolito d’Este, che prende in affitto la Vigna del cardinal Pietro Carafa, come già prima Orazio Farnese». Ma questa statua, sul Colle abitato fin dall’VIII secolo avanti Cristo, ci riporta più indietro nel tempo: «Sembra di età imperiale; ora la studieremo in maniera più approfondita, ma credo che abbia forse 1800 anni d’età». Perché il «palazzo degli italiani» era prima il luogo dei papi; ma prima ancora, dei romani più antichi. Di cui Roma, da sempre, ha usato i marmi e i travertini per edificare qualcosa di nuovo. Proprio come in questo caso.
FONTE E FOTO: http://www.ilmessaggero.it
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